Conosciamo San Vincenzo e San Anastasio, i Titolari della nostra Chiesa.

S,VINCENZO 250S.Vincenzo nacque a Huesca, in Aragona, a circa settanta chilometri da Saragozza che insieme a Valencia, ne reclamano anche loro i natali. Non se ne conosce di preciso l’anno della nascita, forse nel 280 d.c. ed era figlio di una famiglia nobile (suo padre era un console). La famiglia lo avviò agli studi letterari e, per formarlo spiritualmente lo affidò al Vescovo di Saragozza, Valerio che, dopo un po’ di tempo, verificate le sue notevoli capacità oratorie, lo nominò arcidiacono e lo inviò a predicare al posto suo, essendo lui balbuziente. Nonostante che in quei tempi l’imperatore Diocleziano avesse scatenato una persecuzione contro i cristiani il Vescovo Valerio e Vincenzo continuarono a predicare e a testimoniare la fede che li animava. Per questo loro atteggiamento il prefetto della provincia romana li fece arrestare ambedue e li sottopose a torture e fustigazioni. Vincenzo, non si lamentò mai delle torture a cui fu sottoposto e continuò a testimoniare la sua profonda fede in Dio:
« La nostra fede è una sola. Gesù è il vero Dio: noi siamo suoi servi e testimoni. Nulla noi temiamo nel nome di Gesù Cristo e vi stancherete prima voi a tormentarci che noi a soffrire. Non crediate di piegarci né con la promessa di onori né con la minaccia di morte, perché dalla morte che ci avrete dato saremo condotti alla vita. »
mostrandosi sempre sereno, quasi a sfidare il suo persecutore che, mentre il Vescovo Valerio fu mandato in esilio, sottopose Vincenzo alla tortura del cavalletto (con cui slogava le ossa del corpo), a quella delle lamine infuocate e, non contento, lo fece distendere sopra un “letto” di cocci acuminati. Ma Vincenzo non rinnegò mai la propria fede in Dio. Fu a questo punto che il prefetto ordinò che fosse liberato e che fosse rifocillato, per poi sottoporlo nuovamente alle torture. Vincenzo, ormai moribondo, fu vegliato e accudito dai cristiani e dopo alcune ore morì. Era il 22 Gennaio 304 d.c. Il prefetto non si fermò di fronte alla morte: volle disfarsi subito del corpo di Vincenzo dandolo in pasto agli animali ma non fu possibile questo in quanto un corvo stette sempre di guardia ed evitò questo. Visto ciò il prefetto ordinò di mettere il corpo di Vincenzo in un sacco, con una grossa pietra, per gettarlo in mare. Ma anche qui avvenne il miracolo e il sacco, galleggiando anziché affondare, giunse in una spiaggia vicino a Valencia, dove i cristiani gli dettero degna sepoltura. Con l’imperatore Costantino, convertito al Cristianesimo, a Valencia costruirono una basilica dove furono composte le spoglie mortali di Vincenzo. E in occasione della guerra dei Mori le reliquie furono trasportate in Portogallo, in una chiesetta di Capo di S.Vincenzo, l’ultima propaggine dell’Algarve, di fronte all’Oceano Atlantico. Finita la guerra il corpo di S.Vincenzo fu imbarcato su una nave con destinazione Lisbona. La leggenda narra che durante il viaggio due corvi si posarono sulla nave, uno a poppa e uno a prua, quasi a ricordare che in precedenza già avevano protetto il corpo di Vincenzo dopo le torture subite e che ora ne vegliavano le sacre spoglie mortali. Arrivato a Lisbona il corpo fu portato nella chiesa di S.Giusto e Santa Rufina e in seguito, il 15 settembre 1173, tumulato nella Cattedrale della capitale, Lisbona, di cui è Patrono. Nello stemma della città di Lisbona è raffigurata una nave con due corvi posati su di essa a garantirne una sicura navigazione.

 

628 S.Anastasio martire1S.Anastasio, nato a Razech (Persia) si chiamava Magundat. Il padre Han lo educò sin dalla tenera infanzia alla religione mazdea e, diventato un uomo, fece parte dell’esercito persiano del re Cosroe II. Si trovò così a partecipare alla conquista di Gerusalemme del 614 d.c.. Da questa città fu trasportata la Vera Croce di Gesù e, in questo viaggio, Magundat cercò di capire le motivazioni che portavano i cristiani addirittura a venerare quello che era uno strumento di sofferenza. E, dopo un accurato studio dei principi del cristianesimo, finì per diventare cristiano, facendosi battezzare con il nome di Anastasio, nome che significava “il risorto” Si fece monaco e dopo alcuni anni di preghiera e meditazione non si fece scrupolo di andare in Palestina, a Cesarea, dominata dai Persiani del re Cosroe II, dove fu imprigionato e sottoposto a numerose torture con il fine di avere da lui l’abiura del Cristianesimo. Ma Anastasio non lo fece e, alcuni che lo conoscevano, essendo lui stato soldato nelle milizie del re Crosoe, chiesero al re di liberarlo. Il re pose però una condizione: Anastasio doveva abiurare davanti ad almeno una persona. Ma Anastasio rifiutò ancora una volta e fu quindi portato, insieme ad altri due compagni di cella, a Bethsaloen (poi diventata Resafa o Sergiopoli), nel deserto siriano, dove fu sottoposto a crudeli torture e infine, dopo aver assistito all’uccisione dei due compagni e di altri sessantasei cristiani, fu strangolato e decapitato nel 628 d.c.. Dopo alcuni anni, nel 640 d.c. i resti del corpo di Anastasio vennero trasportati a Roma, nell’Abbazia delle Acque Salvie, dove, nell’VIII secolo, furono portati anche i resti di S. Vincenzo di Saragozza. L’unione dei due Santi in un’unica memoria, il giorno 22 gennaio, fu decisa nel Concilio di Trento del 1562, con l’introduzione del Nuovo Messale Romano, e fu promulgato, con la bolla di Pio V che lo rese pubblico, nel 1570.