Compagnia di S. Antonio Abate

La Venerabile Compagnia della Misericordia sotto il patrocinio di Maria SS. e di S.Antonio Abate, più conosciuta come Compagnia di S.Antonio Abate, costituitasi con bolla il 1 Ottobre 1635, era aggregata all’Arciconfraternita della Dottrina Cristiana di Roma.                                                                                                comp                                                                              Alcune persone si radunarono nella Chiesa di S.Anastasio il 3 Marzo 1697 e per ordine del Priore della Compagnia, fu costituita nella chiesa di S.Anastasio nell’Aprile del 1697. 1697.....1830 Capitoli della Compagnia di S.Antonio Abate 1697.....1830 d (9)E per più di due secoli ha operato nella vecchia chiesa di S.Anastasio presenziando uffizi, funerali, festività comandate, procession, feste e aiutando ll parroco nella cura della 1697.....1830 Capitoli della Compagnia di S.Antonio Abate 1697.....1830 d (10)chiesa. Piano piano però, soffrendo di un progressivo 1697.....1830 Capitoli della Compagnia di S.Antonio Abate 1697.....1830 d (12)indebolimento nell’osservanza del suo spirito e del suo statuto la Compagnia è arrivata sino ai nostri giorni immiserita e demotivata, dimenticando quasi completamente le attività che aveva svolto.

Quando nel 1997 Don Silvano Guiducci prese pienamente possesso della Parrocchia di Olmo, cominciò, insieme ai pochissimi Fratelli 1697.....1830 Capitoli della Compagnia di S.Antonio Abate 1697.....1830 d (15)della Compagnia rimasti, pensò di riproporre la riattivazione di quelle attività tanto preziose. A tal fine fu predisposto un nuovo statuto, (prendendo comunque a base quanto riportato nel precedente statuto che è conservato, con tutti gli atti delle sue modifiche, in originale, nell’archivio della chiesa di Olmo) che prevedeva impegni morali, di fede, esplicitati con la partecipazione ai Sacramenti, e di opere di volontariato, opere di misericordia spirituale e corporale, che corrispondevano perfettamente agli insegnamenti della Chiesa anche nell’attualità. E, ora come allora, il tutto veniva poi retribuito con la frase sempre attuale “Dio te ne renda merito”. La bozza di nuovo statuto fu sottoposta dal parroco alla valutazione dei pochi Fratelli presenti (solo 17 su 68 invitati) che stabilirono con una votazione di non dare nuova vita e nuovo impulso alla Compagnia, stante la carenza d’interesse dimostrata dagli invitati motivata, forse, dalle regole e dagli impegni abbastanza pressanti che vi erano contenuti (e a dire il vero anche poco conosciuti).

Ma si convenne che i principi e le finalità che muovevano i Fratelli e Sorelle della Compagnia potevano comunque essere trasferiti in un organo che già era previsto nell’organizzazione della parrocchia e cioè il Consiglio Pastorale che non prevedeva comunque i pressanti impegni degli iscritti alla compagnia. Anche nella riunione delle Donne della Parrocchia, 19 presenze, fu convenuto che si poteva ovviare alle attività di una Compagnia con le iniziative e le opere messe in atto da un Consiglio Pastorale parrocchiano ben strutturato. La Compagnia pertanto rimane silente ma i valori che l’animavano sono sempre presenti in coloro che oggi sono partecipi nel condividere con la Parrocchia certi valori di fede e di volontariato attivo.

E a leggere nei vecchi registri che il tempo e la cura dei vari Parroci e dei Camarlinghi che si sono succeduti (e di un giovane benefattore che ne ha curato la rilegatura a proprie spese) si possono ritrovare tanti cognomi che anche oggi ritroviamo presenti nella nostra comunità. Alcuni, senza voler sminuire gli altri che non vengono nominati: Albiani, Barbagli, Bennati, Bianchi, Bicchi, Bisaccioni, Buratti, Cacioli, Calzineri, Caneschi, Cardini, Casalini, Del Gamba, Deni, Doppioni, Dragoni, Faralli, Fedeli, Flori, Forni, Galletti, Lapini, Lastrucci, Lisi, Lulli, Marchi, Mori, Nardelli, Ortaggi, Palarchi, Pallini, Parati, Peruzzi, Pratesi, Sandali, Santini, Scarpelli, Scatragli, Serboli, Severi, Sguerri, Tani, Tommasini, Vaiani Lisi, Vernaccini, Viti, Zuccherelli.

S.ANTONIOABATE X250Conosciamo più da vicino S.Antonio Abate S.Antonio abate, conosciuto in vari modi quali “ il Grande”, “d’Egitto”, “del Fuoco”, “ del Deserto”, “ l’Anacoreta”, nacque a Qumans (Coma, in Egitto) nel 251(?) da agiati genitori, cristiani, dediti all’agricoltura, e morì, a 105 anni il 17 gennaio del 357. E’ considerato il monaco più illustre della Chiesa di quel periodo e, come eremita, considerato il fondatore del monachesimo cristiano e il primo degli abati, senza comunque aver scritto nessuna regola di vita monastica né aver incoraggiato gli altri a seguirlo in questa sua scelta. Nonostante questo il suo operato destò l’interesse di tantissime persone sia della sua terra che di altre località, anche molto lontane. Di lui, della sua vita, sappiamo molto in quanto il suo amico Atanasio, Vescovo di Alessandria d’Egitto, ne ha scritto una biografia ben dettagliata,la “Vita Antonii”, che dopo essere stata tradotta in varie lingue, si diffuse in tante nazioni in Oriente e in Occidente, contribuendo così ad espandere moltissimo gli ideali della vita monastica. In questa biografia troviamo descritte, molto accuratamente e ampiamente le tentazioni del demonio che l’anacoreta Antonio ebbe a combattere. Antonio rimase orfano dei genitori, giovanissimo e, invece di amministrare l’enorme patrimonio che essi gli avevano lasciato, distribuì molti dei beni che possedeva ai poveri e, dopo aver affidato la sorella ad una comunità femminile, iniziò a vivere solitario nel deserto, nella povertà, nella castità, e dedicandosi alla contemplazione e alla preghiera, incessantemente. Ma presto comprese anche, ottenendone il giusto equilibrio necessario a sopportare quella dura vita di eremita, che la preghiera non escludeva le altre attività e che si poteva fare anche sotto un’altra forma e cioè lavorando, cercando di strappare al deserto e utilizzare quelle poche risorse che vi si potevano trovare finalizzandole al suo sostentamento e nello stesso tempo riuscendo anche a fare la carità ai più bisognosi. In questa vita solitaria fu spesso tormentato dalle tentazioni e dai dubbi che quella scelta di vita fosse veramente quella giusta. Per poter resistere si ritirò ancora più dal mondo che lo circondava andando a vivere dentro una caverna nei pressi della sua città natale Coma                                                  .comp2    In seguito si trasferì vicino al Mar Rosso, sul monte Pispir dove c’era una fortificazione romana abbandonata e vi rimase per venti anni, cercando di trovare la massima purificazione nell’assoluta solitudine, nutrendosi di pane che gli veniva portato due volte all’anno e di acqua attinta ad una fonte che si trovava in quella sua misera dimora. Poi numerose persone, avendo conosciuto questo suo modo di vivere e volendolo condividere con lui, lo riportarono in città da dove poi si divisero in due gruppi per andare a vivere in grotte ed anfratti a oriente ed occidente del Nilo.

Questi gruppi, guidati da un eremita più anziano, cominciarono poi a duplicarsi e Antonio rimase solitario ma come guida spirituale. Antonio, nel 311, tornò ad Alessandria, dove i cristiani venivano perseguitati, per dare loro aiuto e conforto. Con l’aiuto dell’amico vescovo Atanasio, Antonio non subì persecuzioni. Gli ultimi anni della sua vita li trascorse nel deserto della Tebaide, pregando e lavorando, come in altre occasioni aveva fatto per il proprio sostentamento, un piccolo terreno. Morì a 105 anni nel 356. Nel 561 i resti di Antonio furono trasferiti ad Alessandria d’Egitto, nella chiesa di S.Giovanni, dove furono venerati per molti anni. Successivamente nel 635, questi resti, a causa dell’invasione dell’Egitto da parte degli Arabi, furono trasferiti a Costantinopoli da dove, nel secolo XI furono poi portati in Francia quale dono dell’imperatore di Costantinopoli ad un nobile francese, Jocelin de Chateau Neuf. Purtroppo, a causa di dispute, tra un priorato di benedettini che avevano in custodia i suoi resti mortali e gli Ospitalieri o Cavalieri Ospedalieri(conosciuti poi come i Cavalieri di Rodi e oggi come quelli dell’Ordine di Malta) che ne dovevano ricevere successivamente le spoglie, oggi abbiamo due corpi venerati di S.Antonio Abate. Ambedue i contendenti ne reclamano l’autenticità e la Chiesa non si è mai pronunciata in merito: uno è a S.Antoine l’Abbaye nella regione del Rodano-Alpi, vicino a Lione e l’altro ad Arles, nella regione Provenza- Alpi-Costa Azzurra. S.Antonio Abate viene festeggiato il 17 Gennaio quale protettore degli animali e viene raffigurato spesso con accanto un maiale, che rappresenta(tra i vari suoi attributi quali la croce tau, il fuoco, il bastone o la campanella) il diavolo che lo aveva tentato tantissime volte nel deserto e che lui alla fine era riuscito ad addomesticarlo e a trasformarlo in un maiale da compagnia.